Tempi nuovi – Patti nel mondo

Dic 18, 2024 | Notizie

di Simone Lanza

In tutto il mondo genitori e comunità scientifica si stanno organizzando intorno a due temi fortemente legati, benché distinti. In primo luogo la creazione di reti di genitori che non vogliono esporre prematuramente alla connessione permanente i propri figli intorno a patti digitali di comunità. L’esempio italiano piace molto anche all’estero. E per alcuni movimenti sta diventando un modello. In secondo luogo si stanno organizzando gruppi di pressione per avere leggi a tutela dei minori. Questa tradizione promuove i diritti umani dei più giovani rifacendosi alla Convenzione sui Diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, il cui articolo 17 prevede che gli stati “incoraggiano la produzione e la diffusione di libri per l’infanzia” e proteggono “dalle informazioni e dai materiali che nuocciono al suo [del fanciullo e dell’adolescente] benessere”.

Giova anche ricordare che è sulla base di un vasto e consolidato numero di studi scientifici internazionali, associazioni dei pediatri di molti paesi inclusa la Società Italiana di Pediatria e recentemente ancora l’autorità sanitaria svedesedanno da tempo indicazioni alle famiglie per limitare l’esposizione precoce e prolungata agli schermi essendoci riscontrati effetti negativi sull’intero sviluppo psicomotorio, ripercussioni visibili in chi lavora nel mondo scolastico e dell’educazione: sovrappeso, alimentazione, sonno; attenzione, memoria, linguaggio, problemi scolastici; bullismo, dipendenza; ansia, isolamento sociale, depressione, suicidi.

Negli Usa 42 stati hanno chiesto l’introduzione di un’etichetta che indichi i social come «pericolosi», come se fossero alcool o sigarette. In Usa il dibattito è avanzato forse perché la situazione è più drammatica come denuncia il recente saggio di Haidt, Generazione depressa. Il capo esecutivo dello United States Public Health Service Commissioned Corps, il portavoce delle questioni di salute pubblica all’interno del governo federale, Vivek H. Murthy ha recentemente dichiarato: «La crisi della salute mentale tra i giovani è un’emergenza e i social media si sono rivelati un fattore importante».

Notizia anche del TG1, è che il 28 novembre il parlamento australiano ha approvato in via definitiva una legge che vieta l’accesso ai social network ai minori di 16 anni, obbligando le piattaforme ad adottare le giuste misure per accertare l’età; in caso contrario, potranno essere multate fino a  30,7 milioni di euro.

In Spagna mentre migliaia di famiglie si organizzano attraverso gruppi WhatsApp e Telegram dai quartieri di Barcellona per non regalare il primo cellulare ai bambini prima dei 12 anni, in poco tempo in tutto il Paese una petizione Prohibición del Uso del Teléfono Móvil a Menores de 16 años sulla piattaforma change.org (del tutto simile a quella italiana, primi firmatari Novara e Pellai) sta raggiungendo le 100.000 firme.

In Francia il movimento dei patti sta coinvolgendo oltre 10.000 genitori che anche qui si alleano per evitare l’arrivo degli smartphone. Qui una commissione parlamentare francese nella primavera scorsa aveva prodotto uno dei più importanti documenti istituzionali finora elaborati – Infanzia e schermi alla ricerca del tempo perduto –  dove vengono ampiamente documenti e descritti tutti i rischi a cui è sottoposta l’infanzia e l’adolescenza, dando precise linee guida. Da tempo stanno operando anche associazioni della società civile che chiedono misure legislative e campagne di informazione.

In Gran Bretagna il movimento Smartphone Free Childhood (SFC) ha lanciato un impegno online per non dare i dispositivi ai bambini fino a quando non avranno almeno 14 anni, circa 37.000 genitori hanno firmato, rappresentando più di 56.000 bambini, ma i dati sono in continua evoluzione.

A Panama i patti digitali stanno letteralmente passando nel canale ma tutto fa supporre che nelle Filippine ci stiano già pensando.

Intanto Zuckerberg, amministratore delegato di Meta, è diventato la quarta persona più ricca del mondo e si unisce al cosiddetto club dei 200 miliardi di dollari che conta solo altri tre membri. Miliardari come Bill Gates, Elon Musk, Jeff Besos stanno continuando a guadagnare miliardi grazie alle tecnologie informatiche. Se volete fate voi i conti di quanto incide il tempo schermo infantile e adolescenziale nell’aumentare questa “ricchezza” privata che genera isolamento dell’infanzia. Ma la vera domanda potrebbe oggi essere un’altra ancora: come mai i magnati della Silicon Valley evitano l’uso degli schermi ai loro figli?

Oggi il problema è che – proprio perché TikTok e Meta devono affrontare cause legali in tutto il mondo – è la stessa Meta che sta proponendo di regolare i social network. Questo potrebbe essere visto come un passo avanti, e indubbiamente lo è: i termini del dibattito infatti sono cambiati e la questione non è più se si deve regolamentare ma chi lo deve fare. Sempre più gente però giustamente ritiene molto importante che le normative non siano scritte da chi ha conflitti di interessi e che debba invece essere la società civile internazionale (associazioni di genitori, comunità scientifica, istituzioni scolastiche e sanitarie) attraverso proposte legislative a vari livelli (Stato italiano, Unione Europea, Organismi internazionali) ad articolare le proposte con programmi di formazione non finanziati da chi ha conflitti di interesse. Chi continua a sostenere che gli adolescenti si sanno regolare da soli sembra sempre più un brontosauro del web mentre stanno già arrivando le ricerche che ci dicono che questa generazione più che ansiosa sembra stanca di queste tecnologie: in queste inchieste con adolescenti c’è infatti una percentuale sempre più grande di giovani tra 12 e 24 anni che non darebbe presto smartphone ai propri figli o che desidera – e sarebbe persino disposta a pagare – per la chiusura mondiale dei principali social network.